Gli ausiliari di ruolo di nuovo precari

 

 

VOGLIAMO indirizzare questa lettera aperta al direttore genera­le dell'Azienda sanitaria provin­ciale di Cosenza Gianfranco Scar­pelli e al presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, al prefetto di Cosenza Raffaele Cannizzaro, al ministro della Salute Renato Balduzzi, al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali El­sa Fornero e al presidente del Consiglio Mario Monti. Allora dove eravamo rimasti? Sono tra­scorsi ormai quattro anni dalle nostre ultime lettere ed istanze di stabilizzazione. Ci ripresentia­mo: ora non siamo più precari ma siamo in tutto e per tutto dipen­denti di ruolo o, se preferite, a tempo indeterminato dell'Azien­da Sanitaria Provinciale di Co­senza con qualifica di Ausiliario Specializzato. Apparteniamo ai Presidi Ospedalieri del Basso Jo-nio (Cariati, Corigliano, Rossano e Trebisacce) ex Asl di. 3 ed attual­mente la maggior parte di noi è stato avviato dalla Regione Cala­bria, con il patrocinio dell'Unione Europea e del ministero del Lavo­ro e delle Politiche Sociali, a fre­quentare il corso di formazione per Operatore socio sanitario de­dicato esclusivamente al perso­nale in servizio. Inutile ribadire ohe siamo quasi tutti ultraqua­rantenni a causa dei numerosi anni di lavoro precario trascorsi presso i vari Presidi ospedalieri dell'Azienda (i nostri primi con­tratti di lavoro risalgono al 1997). Precisiamo che nei nostri Pp.oo. del Basso Jonio i contratti a tempo determinato del persona­le ausiliario sono sempre stati sti­pulati su posti vacanti in organi­co e tramite selezioni effettuate presso il Centro per l'Impiego e, non solo, tutti i lavoratori impie­gati durante tutti questi anni nei Pp.oo. risultavano e risultano "indispensabili" per l'Azienda in quanto facenti parte dei Livelli es­senziali di assistenza, anzi nume­rosi lavoratori attualmente in 'Servizio, anch'essi "indispensabi­li" per l'Asp, non sono ancora sta­ti stabilizzati.
Il nostro percorso per ottenere la stabilizzazione, lungo e trava­gliato, è iniziato nel lontano 2005 ed è passato attraverso varie ma­nifestazioni di protesta (blocchi stradali, incontri con assessori regionali, con Autorità locali e provinciali, con il prefetto, l'occu­pazione dell'Azienda sanitaria e del Centro per l'Impiego, cause di lavoro e tentativi di conciliazione all'Ispettorato del Lavoro, varie istanze, articoli sui giornali, de­nunce in Procura, lettere al mini­stro della Salute, al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio) con conseguenti ri­percussioni sulla salute mentale dei lavoratori e dei propri familiari. La nostra protesta non ha mai avuto un colore politico poiché haAttraversato anni in cui si sonoavvicendate svariate ammini­strazioni e noi lavoratori, dopo anni di lotta uniti per il "lavoro", avevamo ottenuto, con la stabiliz­zazione, una serenità familiare ed una tranquillità economica che ritenevamo "a tempo indeter­minato". La garanzia di un posto di lavoro stabile ha consentito ai lavoratori di accedere a finanzia­menti, a mutui e a sostenere deco­rosamente le proprie famiglie. Forse è la prima volta che nella nostra Calabria così bistrattata dei lavoratori hanno ottenuto, esclusivamente con le proprie forze, grazie alla loro tenacia e senza i soliti "compromessi", un posto di lavoro stabile. Oggi ci do­mandiamo, -in uno Stato dove il primo articolo della Costituzione recita che l'Italia è una Repubbli­ca fondata sul Lavoro, se quest'ultimo debba ineluttabilmente diventare una patologia chiamata precarietà.
Cosa è cambiato dopò il 2009/2010, biennio in cui sono stati stipulati i contratti a tempo indeterminato? Nel 2011 è stata emanata una delibera da parte dell'Asp di Cosenza, la famigera­ta 777 (il numero ci fa pensare ad un gioco di carte), che con un colpo di spugna, di fatto, doveva can­cellare le 439 stabilizzazioni di la­voratori effettuate nell'ambito di tutta la provincia di Cosenza. È trascorso più di un anno dall'emanazione del provvedi­mento e vi sono state quattro com­missioni (pagate con soldì pubblici, formate anche da dirigenti dell'Azienda stessa che avevano vissuto in prima persona l'iter di stabilizzazione dei lavoratori e che avevano, per di più, ratificato i contratti a tempo indetermina­to) per stabilire la validità o meno dei contratti stipulati con i 439 di­pendenti. E a noi lavoratori del Basso Jonio che facciamo parte di questo gruppo di 439 assunti-non assunti cosa accadrà? Siamo di fatto ritornati al 2005, ma con molti altri anni di lavoro che ci pe-sano sulle spalle: veniamo conti­nuamente additati come se aves­simo commesso chissà quale rea­to, noi che per primi abbiamo de­nunciato le poche irregolarità che abbiamo riscontrato nel pro­cesso di stabilizzazione. Tuttavia se piccoli errori ci sono stati non sono certamente da imputare a noi lavoratori ma all'amministra­zione dell'Azienda che, fra l'altro, conta numerosi dipendenti e diri­genti. In questo ultimo periodo abbiamo sentito molto parlare de­gli "esodati" e dell'impegno del nostro Governo nel voler risolve­re il loro grave problema. E noi chi saremmo? Probabilmente i "riprecarizzati" ma nessuno ten­ta di risolvere il nostro problema anzi addirittura lo aggravano.
Noi lavoratori siamo amareg' giati e depressi, non viviamo e non riusciamo a lavorare più se­renamente perché siamo quoti­dianamente tempestati da noti­zie, tra l'altro discordanti, sulla nostra situazione e perciò sotto­posti a una sorta di mobbing as­sillante e angosciante.
Siamo stufi: ora basta. Questo bailamme è durato abbastanza. Vogliamo sapere se siamo ancora dipendenti a tempo indetermina­to dell'Azienda sanitaria provin­ciale di Cosenza. Le ultime voci, non ufficiali poiché non sono chiare le intenzioni della Dirigen­za dell'Asp e/o della Regione Calabria e/o dell'Avvocatura regiona­le di Stato, dicono che sono solo 70 su 439 i lavoratori i cui contratti risulterebbero legittimi. Possia­mo sapere chi sono questi 70 for­tunati oppure è una notizia coper­ta da segreto di Stato. È lecito co­noscere da parte di noi lavoratori la nostra situazione all'interno dell'Azienda? Le nostre ripetute richieste in merito ai dirigenti dell'Azienda non hanno sortito alcuna risposta perciò chiediamo un atto ufficiale da parte delle Au­torità preposte dove si evincano in maniera chiara e trasparente i difetti riscontrati nei singoli con­tratti di assunzione.
A questo punto muniamoci di sfera di cristallo e prevediamo co­sa potrebbe eventualmente acca­dere a seguito del licenziamento di oltre 300 lavoratori (si vocifera che 30 lavoratori abbiano già ri­cevuto preavviso di licenziamen­to forse per mancanza di requisi­ti). Non sapremmo prevedere in­vece le reazioni emotive dei lavo­ratori dopo lo sconforto iniziale: certamente ci saranno feroci con­testazioni e alcuni potrebbero reagire in maniera incontrollata ed incontrollabile. Tuttavia quasi tutti intraprenderebbero le vie le­gali come è già avvenuto nel re­cente passato: infatti l'Asp di Co­senza ha già subito numerosi ri­corsi da parte dei lavoratori pro­prio per avere instaurato dei con­tratti a termine in maniera reite­rata su posti vacanti in organico (per esempio vedasi sentenza n. 621/07 del Tribunale di Rossano et similia). Ciò ha portato alla nul­lità dell'apposizione del termine a tali contratti a tempo determina­to e a un cospicuo risarcimento del danno ai lavoratori interessa­ti (sentenza confermata anche in Appello), poiché di norma i con­tratti avrebbero dovuto essere a tempo indeterminato. Giusto per la cronaca il pagamento dei risar­cimenti ai lavoratori da parte dell'Asp di Cosenza non è ancora stato effettuato a causa del piano di rientro sanitario della Regione Calabria che impone, invece, deiticket abbastanza onerosi per i medicinali e le prestazioni sanita­rie. Ma tale rimborso per le casse già vuote della Sanità calabrese sarebbe il minimo in confronto ai risarcimenti che sarebbero ri­chiesti dagli oltre 300 dipendenti ingiustamente licenziati. Dicia­mo ingiustamente perché rite­niamo già leciti i contratti di lavo­ro con cui, dopo anni di lotta, sia­mo stati assunti. Se non basta ri cordiamo che ormai anche in Ita­lia ci siamo finalmente adeguati ai dettami della Corte di Giustizia Europea per cui i precari del pub­blico impiego che abbiano presta­to servizio per almeno 36 mesi, anche non continuativi, durante gli ultimi cinque anjiLhaiino di­ritto alla trasformazione del loro rapporto di lavoro da tempo de­terminato a tempo indetermina­to. E' inutile ribadire che tutti i 300 lavoratori in bilico hanno maturato.proprio per essere sta­bilizzati, i 36 mesi previsti dalla normativa e a questo punto han­no trascorsi molti altri mesi da neo-assunti. Nella peggiore delle ipotesi, comunque noi lavoratori formeremo una class action che, oltre al reintegro del posto di la­voro, chiederà il risarcimento dei danni morali subiti a causa del mobbing e la condanna per re­sponsabilità penale di coloro che hanno perpetrato tali azioni nei confronti dei lavoratori, auspi­cando che una buona volta in Ita­lia il pagamento del risarcimento dei danni spetti agli amministra­tori colpevoli e non ai contribuenti. Per evitare tutte queste ripercussioni crediamo che sia oppor­tuno, prima di prendere decisioni ih merito, di far conoscere le in­tenzioni della Dirigenza dell'Azienda ai dipendenti for­nendo gli atti ufficiali già richie­sti. Pertanto noi lavoratori del Basso Jonio chiediamo al più pre­sto un incontro con il direttore generale dell'Asp di Cosenza per analizzare il problema.

Giovanni Calabro
Presiden te del Comi ta. to
Ausiliari di ruolo
del Basso Jonio Cosen tino