Bergamotto

Pasquale Amato

Storia del Bergamotto
di Reggio Calabria

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Il prof. Pasquale Amato della Università di Messina, in prefazione al suo volume “ Storia del Bergamotto di Reggio Calabria “, Città del Sole Edizioni, sostiene che un detto popolare molto diffuso asserisce che "Reggio non ha venduto mai grano".

Per ragioni geomorfogiche, per l’andamento del terreno e tuttavia pur non fornendo il prezioso cereale, ha fornito e fornisce un misterioso omaggio alla delicatezza della natura delle pendici costiere che da Scilla e Bagnara raggiungono Monasterace.

E’ il Gran Signore avvolto nel mistero e nella leggenda

“In un giorno misterioso - s'era verificato un mira­colo della natura: tra le distese di aranci, man­darini, limoni, cedri era nato - per un innesto casuale favorito dal microclima e dal terreno - un albero di qualità straordinarie appartenente alla famiglia degli agrumi, ma con le loro caratteri­stiche positive moltiplicate a dismisura. L'albero era alto da 3 a 4 metri, aveva foglie ovali arrotondate di colore verde scuro e produceva un frutto color giallo limone, di dimensioni leggermente inferiori a quelle di un'arancia. Le componenti chimiche del suo frutto (quelle sinora accertate) erano 350.”

Il nome è anch’esso avvolto nel mistero. “Su di esso sono considerate due sole ipotesi logiche, entrambe connesse alla genesi autoctona: se l'origine è nell'antichità mediterranea potrebbe derivare da "perga­mena" e "motta", quindi "difesa della perga­mena" per la conservazione dei libri; se vice­versa lo si fa risalire a tempi più recenti il nome proverrebbe dal turco "Bey armudu" che significa "Pero del Principe", con riferimento alla somiglianza con la pera bergamotta, varietà dalla polpa succosa, acidula e profu­mata”. La seconda tesi pare più attendibile giacchè, pare, che le tracce del bergamotto risalgano al più attorno alla fine del 1400.

Due testimonianze preziose Nel 1536, nel menu del sontuoso banchetto offerto a Roma dal Cardinale Campeggi in onore dell'Imperatore Carlo V, erano presenti i "Bergamini Confetti" (bucce di bergamotto can­dite). Nello stesso periodo alla corte di Cosimo I de' Medici (duca di Firenze dal 1537 e Granduca   di   Toscana   dal   1569   al   1574).

Bernardo Buontalenti, genio poliedrico rina­scimentale, creò un sorbetto composto da "una crema aromatizzata con bergamotto, limoni ed arance", refrigerata con una miscela di sua invenzione.

“Ma il Principe degli agrumi non è soltanto una pianta unica. Si è rivelato un bene prezioso per l'intera umanità. È indispensabile per l'arte dei profumi e la cosmetica. È prodigioso nella farma­ceutica. È in grado di dare un gusto inimitabile a dolci, gelati, liquori e altre pietanze. Di recente sul bergamotto si è intensificata la ricerca scientifica sui suoi componenti.

Tuttavia la unicità del frutto non ha generato la crea­zione di un distretto economico del bergamotto fondato sulle industrie profumiera, farmaceu­tica e alimentare.

Il gran debutto nella storia fu però alla Corte del Re Sole. Narrano le cronache del tempo che un giorno alla Corte del Re Luigi XIV di Francia, nella splendida Reggia di Versailles, giunse un tal Francesco Procopio de' Coltelli, gentiluomo siciliano.

Veniva da Palermo (o da Acitrezza in provincia di Catania) ed era animato da una gran voglia di far fortuna. Aveva portato con sé una buona scorta di fusti di rame contenenti un denso e misterioso liquido profumato, da cui ricavava una deliziosa acqua al bergamotto.

Procopio lo aveva scoperto nel suo passag­gio da Messina alla sponda reggina dello Stretto, dove i viaggiatori erano irresistibilmente attratti da quell'agrume indigeno che emanava una fragranza tanto intensa da permeare l'intero ambiente circostante.

 Procopio chiese di poter dimostrare la straordi­naria efficacia della sua acqua al bergamotto a Sua Maestà il Re Luigi XIV. Il successo fu immediato e travolgente.

Per la Corte del potente monarca francese (a Versailles soggiornavano 15.000 persone tra nobili, dame, cortigiane e servitù) quell'acqua che emanava un profumo intenso rappresentò un toccasana, una soluzione inaspettata ai pro­blemi che la medicina del Seicento aveva creato. Infatti il divieto da parte della classe medica del tempo dell'uso dell'acqua - consi­derata responsabile della diffusione delle epi­demie di peste e di altre malattie infettive -aveva generato problemi igienici e diffuso anche a Versailles odori non consoni alla Corte più ricca e sfarzosa del mondo.

L'uso dell'essenza di bergamotto rappresentò altresì una vera e propria rivoluzione olfattiva per­ché la sua profumazione delicata e armoniosa si rivelò molto più gradevole delle fragranze troppo speziate allora vigenti.

Accadde così che la miracolosa acqua dell'intraprendente siciliano si rivelò molto più preziosa di una boccata d'ossigeno. E il Re Sole la adottò per primo. La fece spruzzare su corpo, abiti e ambienti, dopo i leggeri tocchi su fronte e guance dell'indice intinto nell'Aceto Balsamico di Modena che caratterizzavano il cerimoniale della sua igiene mattutina.

Procopio guadagnò ancor più i consensi del Re, di cui era proverbiale la golosità, grazie alla sua rinnovata ricetta del gelato. Anch'esso aveva avuto un precedente grazie a Caterina, che aveva chiamato da Firenze il gelatiere Ruggieri per fare assaggiare il sorbetto creato dal Buontalenti.

Il siciliano aveva difatti portato a Parigi, assieme alle "ramiere" con l'essenza di berga­motto, una sorbetteria lasciatagli in eredità dal nonno e perfezionata da due sue innovazioni: lo zucchero al posto del miele, secondo l'uso arabo, ed il sale che, mescolato al ghiaccio nelle dovute proporzioni, ne aumentava considerevol­mente la durata.

Luigi XIV lodò pubblicamente i suoi prodotti e gli assegnò

la "lettera patente", in pratica la concessione reale alla la produzione di specialità come "acque gelate" (le odierne granite) e sorbetti agli agrumi o al bergamotto.

Sull'onda del successo a corte e con quel­l'appoggio ufficiale del Re il francesizzato Francois Procope des Couteaux fondò a Parigi nel 1686, al numero 13 di Rue de l'Ancien Comedie di fronte alla famosa Comédie Francaise dove furoreggiava la Compagnia di Molière, il più antico Caffé del mondo: il "Café Procope".

Il locale, ancor oggi esistente, divenne ben presto famoso poiché vi si serviva non soltanto il caffé - la "nera bevanda fumante" giunta dal vicino Oriente - ma anche granite e sorbetti. Deliziò inoltre i parigini diffondendo e commercia­lizzando la sua profumata Acqua al Berga­motto.

Dalla Corte di Versailles e dal Café Procope la moda di profumare con l'Acqua al Bergamotto corpi, abiti e ambienti si diffuse nelle corti e nei salotti dell'intero continente.

Ma seguendo il racconto del prof Amato, “non era passato molto tempo dalla nascita del Cafè  Procope che nella ricca e colta città tedesca di Colonia un altro italiano, Gian Paolo Feminis, merciaio ambulante di Novara inventò nel 1704 un’acqua da toeletta “l’acqua admirabilis”, battezzata in seguito Acqua di Colonia in onore della città dove era stata prodotta e diffusa inizialmente.

Il Feminis lasciò in eredità la ricetta a Giovanni Antonio Farina, altro immigrato italiano a Colonia la cui famiglia rimase gelosa custode dei segreti di fabbricazione del pregevole profumo”.

Il Feminis aveva scoperto l’essenza di Bergamotto intorno al 1660 sostando a Reggio Calabria per lavoro.

Aveva così appreso che l’olio di quell’agrume fissava le altre fraganze: fondamentale per la fortuna del bergamotto !

Sicchè accanto all’uso delle spezie anche per profumare l’ambiente la persona ed i vestiti, si diffuse la pratica di utilizzare i profumi e quindi il bergamotto sia sotto forma di “acqua admirabilis” che di fissatore delle altre essenze.

Fin qui una introduzione alla storia del Bergamotto. Ma la sua vicenda continua nel mistero di questo agrume autoctono della provincia di  Reggio Calabria.