La Gelosia

il Fondino del 06 Maggio 2012

 

 

 

 

 

Le Gelosia

Si pensa alla volontà di possesso dell’uomo per la donna e viceversa; dell’uomo e  la donna per il posto di lavoro o per il successo; lì dove c’è invidia c’è gelosia e tutte le volte che si dice: “è geloso” a tutto si pensa, proprio a tutto, tranne che al cibo.

Ci avete pensato ???

A ben vedere, diciamolo con sano cinismo ma con sincerità e grazioso rispetto dell’amore di coppia, ogni occasione di essere gelosi diventa sopportabile se non insignificante, a meno che
 l’affissarsi……, nel gergo e nel gesto interiore ed esteriore, non riguardi il fenomeno alimentare!!!. (assonanze:  amici fino all’osso….)

Si, è il cibo che provoca la gelosia e quindi le aggressività più difficili da gestire e questo succede non solamente per ingordigia ma per …..gelosia, appunto.

Avvertenza
.  Non posso dire che sia accaduto veramente, né posso dire con certezza che altri non  abbiano indagato sulla fenomenologia…. della reazione al cibo, sebbene qualcosa deve essere balenata in testa a qualcuno.

Insomma val bene tenere conto semplicemente e unicamente del risvolto antropologico di quel che segue.

Bene !!!

Al tempo dei cavernicoli la gelosia non esisteva. Però la vita era difficile tale e quale
  quella degli umani “storici”; il quotidiano era laborioso e stentato tranne che per alcuni dei cavernicoli come per i pochi privilegiati e furbi di oggi, sicchè la donna accudiva alle cose di casa ovvero della grotta e l’uomo di tanto in tanto e per un certo periodo di tempo abbandonava il rifugio dell’antro costumato e si avventurava alla ricerca del cibo necessario alla sua prole, alla sua compagna, ai suoi familiari a sé stesso.

Non c’è traccia di questa tesi, nemmeno nello splendido libro “ il più grande uomo del Pleistocene” di Roy Lewis.

Comunque, come dicevamo, l’uomo della caverna si dedica alla sua occupazione principale e si inoltra nella foresta alla ricerca delle prede che serviranno a sfamare la famiglia per almeno 28 lune, armato di appuntito robusto legno, rudimentale giavellotto, soprattutto consapevole delle sue doti di appostamento della vittima con l’occhio fino di chi ne sa una più del diavolo, nel tendere le trappole e nel prevedere le mosse dell’avversario, in questo caso dell’animale cacciato.

Conosce bene il come si fa a pezzi la carne
  della preda catturata, per poterla trasportare più agevolmente per i lunghi difficoltosi camminamenti verso la grotta.

Di ritorno dalla battuta di caccia, stanco ma soddisfatto, giunge alla caverna ed espone alla compagna e ai figli l’animale catturato, cercando un cenno di approvazione soprattutto da parte di lei perché ciò lo inorgoglisce.

Un pasto succulento che precede il meritato riposo, finalmente fra le braccia della compagna ed insieme cullati da sonno ristoratore.
 

Il nostro, al mattino e di gran lena, aiuta a riporre dove si conviene la carne della preda, epperò valuta che qualche pezzo della precedente provvista, non c’è e dovrebbe esserci.

Ma non ci fa gran caso, si distrae, guarda in giro per pensare ad altro e senza dir nulla ma “con attenzione”, cura insieme alla compagna l’ordine della primitiva dispensa così rifornita.

Mah, chissà come il consumo delle provviste è maggiore della previsione, ma tant’è !!!.

Dopo un discreto numero di lune egli si prepara alla lunga caccia nella foresta e appronta il suo possente bastone di fronda del buon cacciatore.

I saluti di commiato ed egli si avventura in campo aperto; dormirà per molte lune fuori dalla grotta e saranno giorni duri.

Il ritorno dopo la caccia è particolarmente felice perché il nostro cacciatore ritorna con una preda speciale, di quelle succulente che inducono piacere e voracità.

Medesima reazione in tutta la famiglia e la compagna la apprezza e lo dimostra, festeggiando come lei sa fare, il rientro del suo uomo.

Al mattino seguente il nostro cavernicolo però si accorge che ancora una volta manca un pezzo di carne, anche consistente, questa volta non avendo dubbi perchè ricorda bene dove era riposto e quanto spazio, adesso vuoto, occupava nella “dispensa”.

Come si direbbe oggi: buon viso a cattivo gioco, egli chiede alla famiglia riunita attorno al fuoco come mai mancasse il pezzo di cane.

Senza dar tempo agli altri di profferire parola, la compagna precipitosamente e mostrandosi
  naturalmente pronta, dice: è passato da queste parti un tizio e si è fermato chiedendomi un poco di cibo.

Il nostro rispose che il cibo non era mai abbastanza e che fare partecipare, così …al suo desco un estraneo alla famiglia, non stava bene, anzi era una mancanza di rispetto nei confronti della famiglia tutta, ma in particolare per lui, capofamiglia che tanti sacrifici faceva nelle lunghe notti di appostamento, per poi avere un altro estraneo che approfittava del suo cacciare faticoso.

La compagna disse che non si sarebbe ripetuta la cosa e che più a nessuno, viandante o cacciatore, avrebbe dato ospitalità e avrebbe concesso di partecipare al loro desco.

Ma il tarlo del dubbio e del timore, malgrado le assicurazioni della donna, si nutriva del sospetto che non una volta ma più volte altri avessero avuto ospitalità.

Così di proposito, uscendo ancora una volta per andare a caccia, invece di prender la via della foresta, rimane in zona e si nasconde, si acquatta in posto strategico dove avrebbe osservato, senza essere visto, quel che succedeva all’ingresso della caverna. Tutto quel tempo risultò faticoso più ancora di quel che sarebbe stato cacciando, ma non poteva sottrarsi a verificare la verità che cercava.

Dopo due lune di questo appostamento, vede arrivare
 un uomo che con aria circospetta ma baldanzosa si avvicina alla entrata della caverna sulla quale, si ritiene  per pura combinazione, stazionava come in attesa, la donna della caverna. Si guardarono e senza altro succedere, si avviano verso l’interno.

Pare che i due abbiano consumato un pasto succulento, di quelli che non t’aspetti nemmeno ma ci speri tanto, che ti fanno presagire il sapore gustoso della sensazione fuggevole ed intensa, quella che poi ti invita al sonno soddisfatto, rilassato nella testa e sopratutto nelle membra, abbandonate in ogni dove e magari senza compostezza.

Purtroppo ciò non rimase segreto, tantomeno al nostro, che compare d’improvviso ed osservando lo sconosciuto giacere con la sua donna così come nel sonno il sazio sta, sveglia entrambi e minacciando
 l’impostore” con il bastone lo butta fuori dalla caverna in malo modo, dando sguardi alla sua donna, eloquenti e violenti,  proprio violenti, con gli occhi schizzati di sangue per la rabbia.

Alla fine rivolgendosi alla fedifraga, grida: da oggi sorveglierò quel che succede in questa casa;
 anche se non sarò presente saprò quel che succede, perché nessuno dovrà cibarsi della carne di questa casa.

Così disse l’uomo. Da quel momento nacque quel che gli umani “storici” chiamano “Gelosia”.

Note:
a) non è possibile che sia avvenuto il contrario, che cioè il risentito non fosse l’uomo ma la donna, per il semplice fatto che a caccia andava sicuramente l’uomo. L’accaduto ha avuto però effetto sulla donna in egual misura.
b) dal giorno di quel misfatto, in gran parte del mondo, la ospitalità non è stata abolita ma è fiorita la gelosia ed in genere è proprio l’uomo ad autorizzare l’ospitalità.

Post scriptum: ho avuto di recente una controprova alla attendibilità del racconto.

Ogni tanto passavo da alcuni amici e di solito mi riceveva la moglie con la famiglia perché il marito non era in casa. Lei preparava buone torte e quando c’erano fresche di forno, me ne offriva un pezzetto.

Un giorno capito in casa dei miei amici e vedo sulla tavola una torta che a vederla, già assaporavo la sua squisitezza, ma stranamente lei non me la offriva.

Dopo pochi minuti comparve il marito che mi salutò tanto affettuosamente, come d’altra parte sempre, ospitale come erano sia lei che lui.

Ed egli, subito disse alla moglie: ma…non gli offri un assaggio di questa torta tanto buona?.
Lei finalmente …me ne tagliò un pezzo!!!

È incredibile come la gelosia, che passa il suo tempo a fare piccole supposizioni nel falso, abbia poca immaginazione nello scoprire il vero.

Marcel Proust, Albertine scomparsa, 1927 (postumo)

Franco Petramala,


dedicato a nessuno!!!!