Eurofobia

il Fondino del 28 Giugno 2012

Eurofobia ed Euronecessita'

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Due pezzi  molto interessanti sul Corriere della sera degli ultimi giorni, apparentemente  non in stretta relazione.

Giovanni Sartori: davanti alla crisi il sistema produttivo italiano  non ha provveduto  ad aggiornare le sue strategie in vista della globalizzazione economica: “…nessuno ha pensato a una unione doganale dell'eurozona. Nessun dazio, nessuna dogana, all'interno di eurolandia. Ma, occorrendo, dazi e protezioni per salvare, in Europa, quel che non ci possiamo permettere di perdere”. In sintesi egli reclama una Unione doganale europea. Perché deve essere proibito solo a noi europei ed a Inghilterra e Stati Uniti no?”

Poiché Shengen c’è già si sarà riferito alle barriere esterne alla Eurozona.

Dunque, uno strumento fisiologico del capitalismo produttivo ed organizzato non è stato né confermato né aggiornato, come abbiamo più volte sostenuto, dalla caduta del Muro di Berlino e cioè dalla fine del 1989.

L’osservazione di Sartori è pertinente e dimostra una volta di più che il capitalismo, fisiologicamente, per funzionare  ha bisogno di squilibri segnati da confini naturali, fiscali e doganali, che consolidano e creano differenziali, confermando la complementarietà della economia capitalistica e degli stati nazionali. Che poi gli Stati nazionali dilatino i loro confini, per esempio in un contesto federativo, è altro conto come per molti versi comincia a perorarsi nel caso della Unità degli Stati d’Europa.

 Ernesto Galli della Loggia

“Con la fine della Dc il cattolicesimo italiano sembra aver cessato di essere matrice di una possibile cultura politica”. Ma “sarebbe davvero singolare che l'ethos cristiano - ma vorrei dire religioso in genere - che a dispetto di ogni secolarizzazione permea ancora di sé vaste masse di italiani, restasse estraneo…”.

“Si tratta di contribuire alla costruzione di una cultura civica, di rafforzare un insieme di valori pubblici, di costruire disposizioni d'animo collettivo orientate al bene comune”.

Ed incalza: “ricercare le possibili vie d'uscita dalle strettoie in cui si trova immobilizzata da anni la società italiana. Ricordo solo quelle che mi sembrano le più gravi: un sistema d'istruzione dispersivo e programmaticamente indulgente, vittima di ridicoli conati aziendalistici; un'università che non conosce il merito e nella quale l'internazionalizzazione sta decretando la brutale retrocessione di tutto il sapere d'impianto umanistico; lo sperpero immane di risorse (con relativa corruzione dilagante) da parte di tutte le strutture pubbliche: per cui tutto, in Italia, costa tre o quattro volte più del dovuto, e per essere fatto ci mette tre o quattro volte il tempo realmente necessario, e dove lavorano inutilmente migliaia di persone; infine un'organizzazione della giustizia (dai codici alla deontologia dei magistrati, allo scandalo permanente delle carceri) che troppo spesso è organizzazione di vera ingiustizia. E come se già tutto questo non bastasse si tratta poi di capire come ricostruire su nuove basi la cittadinanza sociale e il sistema della rappresentanza parlamentare, rimettendo in riga le corporazioni e l'alta burocrazia «gabinettista» ormai governante in proprio.

Galli della Loggia pone cioè il tema della assenza del cattolicesimo democratico dalla scena della Alta politica e della necessità che il cattolicesimo democratico ritrovi la sua funzione il suo ruolo, il suo posizionamento nell’Italia che dopo la fine della Democrazia Cristiana ci ritroviamo.

Abbiamo sempre pensato e spesso esplicitamente sostenuto che era la Democrazia Cristiana, dopo la esperienza aventiniana  e clandestina del Partito Popolare, a sostenere storicamente la cultura del cattolicesimo democratico e quindi le valutazioni influenti della dottrina sociale della Chiesa, almeno dalla lotta al fascismo in poi.

Chi dava per scontato che ci sarebbe stata la continuità del cattolicesimo democratico a prescindere dalla esistenza di un Partito di Cattolici democratici, aveva torto.

E la Chiesa, la Chiesa si è come ritratta dalle cose della società italiana limitandosi ad interventi curialeschi.

Proprio il primo argomento di Sartori, cioè la modernizzazione dell’Europa e la esigenza che quella idea forte dell’Europa non muoia perché maltrattata e disattesa, tradita dai mercanti e dai gabellieri loro sostenitori funzionali, da valore alla “lamentatio” di Galli della Loggia che, senza tono profetico, pone il problema in maniera molto laica, raccogliendo motivi obiettivi di riflessione, come l’argomento a sostegno della ritrovata laicità di un partito di cattolici.

Sicuramente l’idea d’Europa non sarebbe stata barattata al tavolo da gioco della finanza, e la dignità di gesti e costumi degli italiani non sarebbe stato abbrutita  dai comportamenti pubblici o privati riprovevoli, ma si sarebbero alimentati delle tensioni per le mete da raggiungere da ciascuno, nel rispetto degli interessi collettivi.

Memorandum senza troppo approfondire:

Di tutto avremmo bisogno tranne che di Eurofobia.

Avremmo fatto a meno della deludente e descrittiva, senza anima né corpo, riforma del mercato del lavoro.

Senza aspettare il coltissimo Godot, accontentiamoci di aspettare Mariano da Trani.  

Franco Petramala