Cavare il Ragno dal Buco. Burocrazia e Parlamento

il Fondino del 22 Luglio 2013

Cavare il Ragno dal Buco.
Burocrazia e Parlamento

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Riporto da un articolo di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 14 luglio.

“La società affonda lentamente, imprigionata in un triangolo della morte ai cui tre lati stanno, rispettivamente, le tasse, già altissime, in aumento, la spesa pubblica in aumento e la burocratizzazione (l'oppressione del corpo sociale mediante soffocanti lacci e lacciuoli regolamentari), anch'essa in aumento. Quest'ultimo aspetto, la burocratizzazione, merita uguale attenzione degli altri due (tasse e ampiezza della spesa pubblica) con cui ha una stretta connessione. ……Al centro del triangolo c'è un ragno velenoso, forse immortale, quasi certamente immodificabile: la macchina amministrativa pubblica in tutte le sue ramificazioni, centrali, periferiche”. Vero, tutto vero.

Si, però, si ha la sensazione dello stacco fra la politica ed il fenomeno sgradevole dell’eccesso di burocrazia nel paese, quindi una emarginazione del Parlamento dalle responsabilità complessive finali e decisive, tanto apparire senza responsabilità.

Nell’articolo c’è un accenno solamente ad una “Ampia parte delle normative da cui siamo torturati … prodotta in nome della lotta contro potenziali abusi. Peccato che ottenga esiti opposti”. Tutto qui.

Non è certamente osservazione geniale quella che individuerebbe nella fonte delle leggi e dei conseguenti regolamenti, cioè nel Parlamento, il soggetto principale cui imputare responsabilità specifiche e certe. Vicende incredibili si stanno consumando in questo paese, allorchè si debbano applicare leggi che consentono poi a burocrazia e magistratura contabile e amministrativa di darne un proprio convincimento più che interpretazione. in senso proprio.

Il Parlamento addirittura consente la coesistenza, oltre che l’autonomia di burocrazie differenti di diverse amministrazione,  di due diversi giudizi di responsabilità sullo stesso fatto, uno da parte della magistratura contabile e una della magistratura ordinaria e/o amministrativa, come se si dovesse ubbidire ad un principio di distribuzione delle  competenze i favore di  gruppi di pressione e non di discernere quanto sia meglio nell’interesse del cittadino demandando solamente l’applicazione della norma ad organi dello stesso Stato, destinatari della disposizione.

Siamo a questo punto e se il Parlamento è espressione primaria e diretta della politica, alla politica va addebitata la responsabilità delle scelte parlamentari, da cui le altre derivano.

Non c’è da scandalizzarsi. Le motivazioni della politica si trovano nelle scelte che essa opera, che a loro volta risiedono nella volontà derivata da elaborazioni ideologiche, si diceva una volta, o da elaborazioni indotte dall’ubbidienza a dettati eterodossi provenienti aliunde.

Se i Sabaudi scelsero di governare il Mezzogiorno, per esempio, con l’esercito e la burocrazia, ci sarà stata una ragione, coincidente con il carattere dell’annessione del processo risorgimentale.

E’ la tradizione ottocentesca che continua, rinnovata a suo modo in epoca fascista, allorchè si pensò bene di risolvere il problema sovrapponendo la burocrazia del PNF alle burocrazie  amministrative. Un tentativo di risolvere la “sburocratizzazione” degli apparati fu fatto da Scelba nel 1953, dandosi credito alla formazione delle Regioni, quali luogo di uno Stato articolato con i poteri distribuiti e dando alle Regioni il diritto dovere di organizzare le proprie burocrazie.

Risultato, lo screditamento attuale delle Regioni quali organismi di governo locale e, come dimostrano le miserie denunciate negli ultimi tempi, la immutabilità della burocrazia anche nel Mezzogiorno.

La tradizione continua ed il “Ragno”, commentando Panebianco, sopravvive e si fa sempre più corpulento ed invadente perché il Parlamento Italiano si guarda bene dal cavarlo da buco…..

Il Parlamento stesso è divenuto un luogo di burocrazia politica, quasi una sovrapposizione e uno strumento vessatorio dei processi di sviluppo della società italiana. Si vuole negare forse il clima di corporativismo che esiste in Parlamento? Il Parlamento è una corporazione e sotto il suo manto si annidano personaggi di ogni livello e spessore, a volte di ogni risma.

I parlamentari, poverini, sono parte del meccanismo e ubbidiscono come insetti sociali, al permanere degli intessi della corporazione che li prescinde.

I meccanismi della corporazione insomma, impediscono al Parlamento di legiferare per il meglio e per sburocratizzare, diremmo a Panebianco; così come non  fanno la legge elettorale per calcolo, per evitare che aumenti la probabilità di sciogliere l’Assemblea legislativa e aprirla agli apporti liberati dalle burocrazie.  

La conclusione di Panebianco ci sembra esatta: Oltre agli interessi, ci sono le mentalità. Solo che le istituzioni derivano la…mentalità da chi gliele induce.

A proposito si vuole un esempio? Paragonate la agibilità e l’accesso alle procedure per ottenere un allaccio alla rete della energia elettrica; era stata un conquista la nazionalizzazione perché l’energia elettrica era ed è bene primario, solamente che oggi l’accessibilità al servizio è dieci volte più difficile e complicato di prima. Ed è un bene indispensabile e un bene comune !!!

Veramente si può dare la responsabilità all’Ente? O piuttosto a chi dovrebbe vigilare e innanzitutto al Parlamento che per primo dovrebbe rispettare il cittadino e le sue essenziali esigenze?

 Franco Petramala

 P.S.  Il caso Kazako…..