Il Voi il Lei e il Tu, Umberto Eco e il web

il Fondino del 02 Ottobre 2015

Il Voi il Lei e il Tu, Umberto Eco e il web

A darsi sempre del «tu» si può simulare «una finta familiarità che rischia di trasformarsi in insulto» e di contribuire alla «perdita della memoria» dell’Italia.

Lo sostiene Umberto Eco in una lectio magistralis di metà settembre, riportata dall’Espresso.

«La lingua italiana – spiega - ha sempre usato il Tu, il Lei e il Voi. Voi sapete che la lingua inglese usa solo il You. Però contrariamente a quel che si pensa lo You serve come equivalente del Tu o del Voi a seconda che si chiami qualcuno con il nome proprio».
“Nella Roma antica, invece, si usava solo il «tu». ma in epoca imperiale appare un Vos che permane per tutto il Medioevo e nella Divina Commedia appare il Voi quando si vuole esprimere grande rispetto.  Il Lei si diffonderà solo nel Rinascimento nell’uso cavalleresco e sotto influenza spagnola».

“Ma oggi è sempre più frequente l’uso del «tu», non solo fra bambini e giovanissimi. Da tempo a un giovanotto sui quarant’anni che entra in un negozio, il commesso o la commessa della stessa età apparente, cominciano a dare del Tu. 
In città il commesso ti dà evidentemente del Lei se hai i capelli bianchi, e possibilmente la cravatta, ma in campagna è peggio: più inclini ad assumere costumi televisivi senza saperli mediare con una tradizione precedente, in un emporio mi sono visto trattato col Tu da una sedicenne col piercing al naso, la quale è entrata gradatamente in crisi solo quando io ho interagito con espressioni quali “gentile signorina, come Ella mi dice...” Deve aver creduto che provenissi da Elisa di Rivombrosa, tanto mondo reale e mondo virtuale si erano fusi ai suoi occhi, e ha terminato il rapporto con un “buona giornata” invece di “ciao”, come dicono gli albanesi [...]».

 Il Voi il Lei e il Tu è stato sempre indice della insicurezza italica: è un trilemma irrisolto e la “lectio magistralis” di Eco lo mostra.

Confesso di aver notato il valore del pronome fin dalle elementari, non solamente perché spesso i miei compagnetti di scuola lo usavano con tutti, tranne che con la maestra e il prete, ma perché non mi andava di essere ritenuto grande come gli adulti. Rivendicavo la mia fanciullezza ed ero orgoglioso della mia età che all’epoca difendeva !

Era più forte di me dare del  “tu” fuori dalla mia famiglia e dai miei amici.

Mi colpiva, poi, che non in città, come riferisce Eco, ma anche in campagna il contadino usasse il tu con tutti tranne che con il “padrone” e le persone altolocate, ad iniziare, povero contadino, dalla guardia municipale che indossava il cappello stemmato.

Seppi di Umberto Eco e un poco lo conobbi a Parigi, in tempi lontani.

Intendiamoci, non fui così fortunato da stringergli la mano o da ascoltarlo di persona. Lo conobbi indirettamente per un parlare amicale che una giovane studiosa di sociologia della Sorbona, per di più francese, aveva con la ragazza che era con me, italiana ma studiosa di filosofia teoretica, seduti come eravamo allo stesso tavolo di un affollato ristorantino del quartiere latino. Per puro caso.

La francese sosteneva, con tipica sicurezza, che la intellettualità italiana, siamo alla fine degli anni ‘70, non era percepibile, tant’è che lo spazio della comunicazione di pregio intellettuale era monopolizzato dai “maîtres à penser” francesi, ella diceva come Glucksmann, Bernard Henry Levy, Michel Henri e gli altri.

Tuttavia aggiungeva che si poteva dare un qualche credito solamente ad un giovane Umberto Eco che nel grigio panorama italiano si distingueva.

Naturalmente la referenza della ragazza mi colpì ed in seguito, a volte distrattamente a volte con interesse meno labile, ho seguito le “narrazioni” del semiologo.

Però è come se al ragionamento stupito di Eco sull’uso del tu del Voi e del Lei, mancasse qualche cosa.

Ho riflettuto ed è venuto fuori.

Giovani e non giovani in internet, luogo della prevalente comunicazione riflettuta o istantanea, usano il Voi il Lei o il Tu?

Quel che manca al ragionamento di Eco è: possibile discettare sull’uso del pronome in un negozio abitato da stranite commesse, ma non è possibile in internet dove non usando il tu si rischia la pernacchia.

 

Franco Petramala