Sembra
un paradosso, una invenzione lessicale; seppur paradossale una
certa inquietudine la suggerisce, anche nei superficiali per
natura per scelta o per necessità.
E’ il
titolo di un saggio molto recente del geografo francese
Christophe Guilluy a commento e ricerca sulla fine della classe
media occidentale.
In
effetti la classe media, meglio la parte di classe media del
mondo di sopra come egli la definisce, non si è dissolta secondo
un “comodo” luogo comune; ha solamente “scelto di prendere il
volo e di accelerare il suo processo di arroccamento”.
Contemporaneamente tutto ciò che era bene comune tende allo
smantellamento (dello stato sociale, della piena occupazione del
welfare… per esempio), si ampliano le disuguaglianze sociali e
territoriali, nel disinteresse egoistico della classe media di
sopra che tuttavia la globalizzazione economica e finanziaria la
governa eccome!!
Davanti
ai tempi nuovi nessuna voglia di prendere in carico gli
interessi della classe media di sotto, nel frattempo
proletarizzata o meno, nessuno sforzo di condividere valori e
progetti di progresso e così tutto si avvia ad un insieme
caotico dove maggioranze e minoranze sono pochissimo
riconoscibili: laclasse media di sopra fa fatica a
misurarsi con il sociale: minacciata, sfugge al confronto
favorendo la pervasività del populismo.
Si può
così spiegare che le aree periferiche ( bisognose di tutto…), lo
sostengono in tanti, non votino ciò che si potrebbe ancora
definire di sinistra, e che invece votino proposte populiste o
semplicemente “esigenziali” complesse o primarie che siano.
Non ci
si può lamentare se la risposta alla secessione della classe
media di sopra sia la caotica mescolanza di forme di democrazia
diretta con esigenze di argini alla corruzione dilagante e con
ritorni a sovranismi suggestivi.
Un tema
è che la dispersione delle classi popolari, unita alla
tendenziale secessione della classe media di sopra, non crea
soluzioni politiche, crea caotica dissoluzione della società. In
questo senso è attendibile la espressione lessicale corretta “
la Società non esiste.…più”
Alcune
riflessioni si posso accennare.
Le elite
si beano di avere favorito l’autonomia dei più umili, ma ciò non
ha creato nuove dinamiche attive;il processo è come arenato o sospeso, il
ceto medio di sopranon ha più elaborato culture efficaci e
impegnate, con il solo effetto devastante di un “soft power”
invisibile del mondo di sotto, senza una funzione reale e
politicamente apprezzabile, ove riferito ad un progetto di
società comunitario.
Private
di ogni potere economico e politico, rese così precarie, le
classi popolari sono destinate ad uscire dalla storia. E le
elite, ancorchè potendosi avvalere di strumenti di azione
finanziaria e di privilegio, rimangono isolate in un mondo
desertificato, senza humus che produca alcunché.
Nulla
producendo neanche quel residuo “soft power” in testa al mondo
di sotto impoverito !!!
Nello
scenario descritto la domanda di fondo sarebbe: una società poco
stabile come quella attuale avrebbe bisogno di democrazia
rinnovata ( diretta o almeno partecipata mediaticamente).
L’assioma è da rovesciare: le democrazie in Europa hanno bisogno
di società stabili.
Le
politiche caritatevoli o di intervento urgente che da sempre
hanno avuto la loro cittadinanza, dalla Francia rivoluzionaria
con la legge Le Chapelleir, alle attuali attività della Chiesa,
alle politiche di intervento attuali dell’Italia o a quelle che
si preparano nella stessa Francia, sono inevitabilmente connesse
alla doverosità.
Ma per
raggiungere una stabilità le politiche più efficaci non sono
quelle che prendono in considerazione i bisogni immediati, bensì
quelle che “prendono in considerazione le paure”.
Quelle
autentiche dei giovani e dei meno giovani, specializzati e non
che aspettano di cogliere l’occasione di una occupazione; senza
ricorrere ai fantasmi che possono suggerire i fenomeni
migratori, l’integrazione europea deve indicare il “nuovo” in un
mondo più pericoloso che mai.
Forse un
compito morale può essere riscoperto con facilità e riproposto
da tutti, come ha annotato recentemente Jean Claude Hollerich
sulla Civiltà Cattolica.
“Sarebbe
triste constatare che una generazione di adulti materialisti e
consumisti non si preoccupi più dei propri figli!”