È il titolo dell’interessante saggio dell’antropologo Vito Teti,
calabrese.
“Partire e restare sono i
due poli della storia della umanità”. Vissuta l’attesa del
partire e sofferta l’attenzione a rimanere. Chi parte o pensa di
partire sogna un mondo nuovo, quasi sempre rimanendo fedele a
quello lasciato; chi rimane tende a recuperare il passato
rendendolo più roseo di quel che sia stato, valorizzando le
certezze del consueto. In entrambi i casi immaginando una
ricostruzione di sé.
Tuttavia è sempre un
fingersi in transito, la sensazione che trattiene dal
partire e quella che incoraggia a farlo.
Partito per la Germania, non vivevo l’etica della nuova casa o
della vecchia. Sentivo di essere semplicemente in transito. Ed
ancora oggi, una volta tornato!
Ma, perché partire e
perché rimanere? Più semplice rispondere al perché partire,
più complicato rispondere al perché rimanere. Nel primo caso
presenzia infatti la speranza, nel secondo prevale la resa da
rifugio, complice una comunità in apnea, la calabrese? per cui
meglio navigare nei problemi che vivere di soluzioni!!