È il titolo di un film di Domenico Paolella del 1955 …con Totò e
Gino Cervi. Totò disperato si lancia nel fiume volendo farla
finita con una vita di stenti. Interviene per caso un passante,
Gino Cervi, che con coraggio si tuffa nel fiume salvando il
poveretto. Compiuto il gesto di cui si compiace, accompagna a
casa propria Totò per prestargli le prime cure; nelle ore
successive la famiglia del “salvato” si precipita a casa del
“salvatore” per visitare il familiare, ma rifiutano, nelle ore
successive, di uscire dalla casa del Cervi e si ritagliano lo
spazio vitale di una ospitalità forzata in casa del facoltoso
soccorritore.
La vicenda somiglia a quella prefigurata dal trattato di Dublino
entrato in vigore nel 2013 (nelle sue varie stesure e vicende
fra stipula e ratifica tutte le parti politiche italiani sono
stati coinvolti). Dio abbia in gloria come si dice chi ha
escogitato questo infernale meccanismo per cui lo Stato di prima
entrata del migrante è unico responsabile della sua sorte. Nulla
prevedendosi chiaramente sulla eventuale ricollocazione sul
territorio europeo.
Il film è uno dei più popolari dei celebri attori e la storia è
divertente perché paradossale. La realtà è invece tragica in
quanto nessuno è riuscito a rinegoziare il Trattato, né governi
di destra né di sinistra; le soluzioni non ci sono se non,
almeno quelle che interessano il territorio italiano, di
trattenere i malcapitati il tempo necessario per inscenare il
reiterato pugno duro verso emigranti e soccorritori in mare
mostrando i muscoli all’Europa, e salvandosi così l’anima con
atteggiamenti “caritatevoli” e sostanzialmente ipocriti, in
attesa che la vicenda si risolva da sola, si “sgonfi”, in
attesa, caso mai, dei soliti interventi della magistratura in
funzione di supplenza al potere politico e di governo.
Lo spettacolo nella sua tragicità è obiettivamente indecente ed
osceno perché interessa persone innocenti nel loro bisogno, a
cui si impone una sofferenza sicuramente di tortura.