“Ci
domanderemo come questa cattedrale sia stata costruita, quanti
anni ci siano voluti, il progetto che forse, nel corso
dell’esecuzione, ha dato luogo a cambiamenti, per cui il
risultato finale non è quello pensato dall’autore all’inizio.”**
Se fosse la descrizione di una sorpresa o di una delusione
saremmo comunque sereni. Invece è l’immagine della frustrazione.
È il tempo imbevuto di certezze inattuali, di un mondo perduto o
non raggiunto, innuvolato di sofferenze.
Con gli anni il passato rimpicciolisce all’orizzonte
rifugiandosi in un contenitore angusto, sembrando impossibile
come sia potuto accadere l’impiego a progettare di tutti gli
anni trascorsi. Superflui o indistinti, oggi diventano
irrilevanti: la distanza e la curvatura della terra fa diventare
sempre più piccola la nave all’orizzonte, come mostra una
spiegazione della teoria della relatività.
Il nostro osservare
attuale è però avvolto nella
polvere.
Il lungo lavoro di quegli anni ha segnato le nostre vite ed ha
tenuto insieme le inquietudini e le convinzioni di ogni giorno e
quelle osservate in lontananza. C’era dell’inadatto,
dell’esagerato in quel vivere andando sempre avanti a visiera
calata, nulla trattenendo la passione dell’eroismo che le tante
culture agitavano sotto le insegne ideologiche. Solamente per
convinzione? no, c’era anche del
dubbio!!
Intanto le penurie e le deficienze diffuse inducono le persone
“al non credere” neanche ai danni del nucleare bellico, alla
crisi energetica ed alla rivolta delle donne iraniane. Diviene
tutto sempre più piccolo come quella nave che scompare
all’orizzonte. Rimane l’inerzia, finché l’indigenza africana
somiglierà in fine alla
paura, dappertutto. E nel mondo rimarrà l’impotenza degli
uomini e delle loro organizzazioni sociali semplici o complesse,
senza progetto etico.
Franco Petramala
*Da uno scrittarello anonimo rinvenuto in un archivio di
appunti.