Saman Abbas muore, seviziata, agnello sacrificata all’odio
ancestrale della cultura dei suoi padri pakistani. E
Massimiliano muore nel rifugio del vuoto della disperazione
assoluta, altro uomo affetto da male incurabile, sembrando che
la cosa non ci appartenga. E proseguono le atrocità alla
popolazione ucraina, ormai in quarta pagina dei giornali ed
all’Angelus del Papa.
Hanno successo però la teoria del profitto delle multinazionali
ed “i senza paura”,
quelli della credulità del prossimo per approfittarne con etica
prossima a quella della cozza, primitiva e familistica: né
tormento né consapevolezza, né del rimorso né dei patimenti né
dei sensi di colpa né della vergogna del buio o della luce,
nemmeno del dopo di noi, tanto interesserà qualcun altro.
La paura più non fa ombra, dacché di continuo fastidiosamente ci
accompagnava il “mo, mo ca pu dio pruvvida” di zio Pietro,
sussurrato ed irreligioso, in assenza del tragico e del sublime
della vita da dedicare.Assuefatti alle paure, come a compensare
quelle del tremolio della volta tersa del cielo del mattino o
del minaccioso rosso fuoco del tramonto, abbiamo inventato le
mostruosità, naturalmente finte, dei personaggi orripilanti di
Halloween che tanto somigliano ai “senza paura”.