Di Aldo Moro, ancora ricerchiamo “verità” sul suo rapimento,
sulla desolazione del suo sequestro. Di Moro sono state valutate
le sue sintesi politiche e ben visibile è la sua opera
scientifica. Poco si conosce della sua ispirazione culturale,
quella appresa e consolidata dagli anni della sua formazione
culturale ed etica dall’epoca della frequentazione degli
ambienti della FUCI e dei circoli Montiniani, interessato come
era alla questione del rapporto cristianesimo-modernità che
tanto ha occupato la sensibilità del cattolico del ‘900 e alla
cui attualità ognuno dovrebbe ispirarsi.
In un certo senso parallelamente corre la vicenda umana del
filosofo di Giuseppe Capograssi, dedito allo studio della
“esperienza comune” che mette al centro l’individuo con la sua
vita, i suoi bisogni essenziali, il suo percorso nella vita
etica nella prospettiva cristiana della speranza.
Di lui ricordo costantemente l’efficacia dell’articolo
“Obbedienza e Coscienza” che mi fu consigliato da un Gesuita
amico intimo di Aldo Moro, soprattutto nella esaltazione della
concretezza del “campare”, splendida espressione italiana che
racchiude la eticità del compito del cristiano.
In entrambi “l’esperienza comunitaria” da senso al concetto
della giuridicità delle azioni e quindi della “giustizia”, da
cui la sofferenza quando essa è utilizzata malamente.
Perciò interessante il recente breve saggio di Mario Sirimarco
“Aldo Moro e Giuseppe Capograssi. Quale rapporto filosofico?”,
pubblicato su “Sintesi dialettica”.