Scritto il 13 Maggio 2025 da admin
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di Paolo Veltri
Papa Francesco ci ha lasciati. Ne sentiamo tanto la mancanza noi laici, forse ancor più dei fedeli e dei praticanti cattolici. Abbiamo personalmente seguito tutti i suoi passi, dal primo Buona sera all’ultima apparizione col poncho. È stato un papa straordinario: le sue parole per la pace, l’uguaglianza, l’accettazione dei diversi, la sua dottrina evangelica risultavano tanto vicine al nostro sentire comune, come e più dei generici e spesso vuoti proclami provenienti dal mondo della politica. Diciamocela tutta: per tanti di noi è stato il leader che volevamo e che da tanto tempo è assente. Attraverso papa Francesco è come se avessimo trovato un leader carismatico nel Gesù del Vangelo, una guida al nostro quotidiano comportamento a Lui ispirata, fin quasi a sconfinare in una vera e propria accettazione della sola natura umana di Cristo.
Ci siamo illusi che il suo magistero civile – oltreché religioso – ci avrebbe guidato e confortato fino alla fine dei nostri giorni. Naturalmente non poteva essere per sempre. E, ora, è come se fossimo caduti giù dall’alto di una nuvola, quella stessa nuvola sulla quale ci avevano messo le nostre mamme al tempo di Giovanni XXIII, il papa buono, il papa che tramite loro mandava le sue carezze a noi bambini.
Ne abbiamo conosciuti tanti di pontefici e, pur andando la nostra fede scemando col tempo, abbiamo sempre cercato di legare il nostro sentimento religioso – nel termine autentico, ossia di insieme di valori che tengono unite le persone – con quello di coloro che, via via, ne hanno rappresentato la massima espressione temporale. Esprimere giudizi e sentenze non sta a me, che non soltanto non sono esperto vaticanista ma che, ripeto, vivo da laico i valori del cristianesimo espressi da papa Francesco.
Mi limito, perciò, a esprimere personali sensazioni. Un lungo freddo mi ha accompagnato durante gli anni da Paolo VI a Ratzinger, passando anche per il papa santo, nei quali ho identificato aspetti di trascendenza e di dottrina lontani dal sentire comune e, per dipiù, offuscati talvolta da misteri, silenzi, omissioni, barriere impenetrabili.
È stato diverso con papa Bergoglio e viene naturale ora chiedersi: cosa accadrà?
Azzardo qualche considerazione, che sarà probabilmente smentita nel tempo.
Il nome che un papa si dà dice già molto: Leone Magno fu un papa della prima cristianità, quando si scontravano teorie diverse, ciascuna volta ad affermare i dogmi della chiesa. Contrastò diverse eresie: il manicheismo, il monofisismo; fu fiero sostenitore dell’unità delle chiese e conservatore della stretta disciplina ecclesiastica; fu risoluto e deciso nel fermare gli Unni di Attila. Fu, insomma, un papa di notevole statura. Così come lo fu Leone XIII – l’ultimo papa leonino prima di papa Prevost – del cui operato resta centrale l’Enciclica Rerum Novarum, che dettò la dottrina sociale della Chiesa dentro un processo post unitario e dentro uno Stato Vaticano ancora traumatizzato dalla Breccia di Porta Pia e dall’ingresso della modernità.
Leone XIV è agostiniano come lo fu l’intransigente Lutero. Appare risoluto su alcuni grandi temi, quali la lotta alle disuguaglianze sociali – e non pochi segni ha lasciato in lui il suo ruolo pastorale nei 20 anni in Perù -, appare meno risoluto sulle questioni civili quali il sacerdozio femminile e l’omosessualità, ma del resto le forti accelerazioni impresse da papa Francesco sono state più volte frenate se non arrestate dalle resistenze in seno agli episcopati, alla cura cardinalizia e ai grandi della terra.
Con i grandi della terra ho l’impressione che papa Leone avrà miglior feeling di quello apparso nei giorni della scomparsa di papa Francesco, quando hanno voluto farci credere ipocritamente e falsamente che il mondo intero era con lui.
Ai suoi tempi, mi appariva che il papa santo avesse una particolare predilezione per Reagan, non credo che papa Leone l’avrà con Trump e nemmeno con altri leader occidentali. È pur sempre americano, è vero, ma non mi pare persona da assecondare gli umori del radicalismo conservatore di buona parte della chiesa statunitense.
È un matematico e, dunque, non mancheranno nel suo argomentare i richiami alla Critica della ragion pura di kantiana memoria, ma voglio fortemente augurarmi che sia qualcosa in meno – si, proprio in meno! – di quanto blaterano soloni della politica, ossia “è un super laureato, non uno delle chiacchiere a vanvera e del pacifismo da bandiera bianca”. Ne abbiamo fin troppi di teorici che spaccano il capello in quattro.
Come disse papa Giovanni “Quando incontro qualcuno non gli chiedo da dove viene. Non mi interessa. Gli chiedo dove va. Gli chiedo se posso fare un pezzo di strada assieme a lui”. Il papa che da laico vorrei è evangelico, è un papa che unisce alla ragion pura la ragion pratica, che parla da pastore e non da inquisitore. Tutto questo voleva papa Francesco. Non ha realizzato molto di ciò che propugnava, forse perché era tropo radicale.
Ci riuscirà il suo successore? Ci proverà? Non lo so.