di Franco Petramala
Nel calcio davanti all’avversario più bravo o più dotato si commettono falli anche molto gravi per compensare la propria debolezza. Si chiamano falli da frustrazione.
Il medesimo impulso viene evidenziato da Trump e dall’America che egli rappresenta, ancora ancora potenza mondiale, ma che ha perduto quel margine di credibilità oltre la sua influenza economica e militare, rappresentato dall’essere riconosciuto paese multietnico combattente da sempre per i diritti civili e di libertà, smarrendo l’unicità della sua leadership. Un bel giorno scopre che dal 1989 non era più la Russia il suo avversario ma la Cina.
Lo stesso sentiment anima la Russia del Putin che soffre l’avanzata della Cina e non sapendo come conservare la sua leadership sui paesi dell’est Europa, minaccia i Paesi che una volta dominava nel sistema sovietico ed oggi autonomi da Mosca, dal Caucaso agli Urali. Da cui i falli di frustrazione verso la Ucraina, la Georgia, la Cecenia, la Polonia, la Moldavia se non la Romania, la Russia bianca, lo stesso Kazakistan.
In Cina già moltissimi Tir viaggiano senza autisti e vengono prodotti auto elettriche non solamente a minor costo e quindi prezzo, ma molto più innovative di quelle americane o europee. E molte tranches del debito pubblico dei paesi occidentali, compresa l’America, è in possesso del sistema finanziario cinese. Questa la sfida reale. Non il rifugio della frustrazione, anticamera della depressione e della disperazione che può condurre a perdere la testa, agli individui come alle Nazioni.