di Franco Petramala
Nel “Mosè l’Egizio” di Jan Assmann colpisce la distanza fra l’accaduto e la sua memoria che si insinua, silente, nella cultura dei popoli pur a distanza di secoli.
Mentre Mosè è rimasto nella immaginazione collettiva, fra l’altro, colui che piegò il politeismo egizio del 1300 a.c. al monoteismo così somigliante a quello ebraico/giudaico, l’immagine di Achenaton, il Faraone dell’epoca, sbiadì fino al secolo passato allorchè vennero alla luce le testimonianze del suo regno.
Oggi conosciamo chi trasformò la religione degli Egizi da politeista a monoteista: fu proprio Achenaton con la regina Nefertiti, bellissima ed il cui viso misteriosamente ipnotizza osservandolo nel Museo Egizio di Berlino. Del superamento dei culti politeisti non rimase nulla con la restaurazione di Tutankamen, successivo faraone. Della trasformazione della religione egizia in religione monoteista non rimase che la figura di Mosè che si sovrappose a quella di Achenaton.
E’ il trucco della Mnemostoria. La riforma radicale avviata da Achenaton rivivrà nella memoria collettiva: per ragioni imprescrutabili la figura di Mosè divenne il vettore dell’opera di Achenaton. La storia ha certamente il suo valore ma è la memoria che diventa “la vera storia”.
Per questo è fuori luogo il disprezzo per le “gite scolastiche” ad Auschwitz proposto dal Ministro Eugenia Roccella: gli avvenimenti vengono dimenticati se non continuano a vivere nella memoria collettiva.