Referendum sul cosi detto Decreto Giustizia

di Paolo Cosentini È la prima volta che gli italiani si troveranno difronte al dilemma importante sul potere giudiziario. Molti
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di Paolo Cosentini

È la prima volta che gli italiani si troveranno difronte al dilemma importante sul potere giudiziario. Molti faranno di tutto per informarsi, altri seguiranno le indicazioni della forza politica o coalizione di riferimento e tanti, tantissimi purtroppo, non andranno a votare.

Quella che viene presentata per il passaggio referendario senza quorum (questo vuol dire che se in ipotesi andassero a votare tre cittadini e due votassero “Si” la scelta avrebbe effetto per tutti i circa 60 milioni di italiani) è una riforma sul funzionamento della Magistratura. Innanzitutto la separazione delle carriere tra Pubblici Ministeri e Magistrati giudicanti. Molti hanno sostenuto che di fatto la separazione già esiste, specie dopo la Legge Cartabia che limita le possibilità di passaggio di carriera, ma una cosa è la possibilità limitata di transitare, altra cosa è non poterlo fare. Ciò significa che una volta vinto il concorso deve essere fatta una scelta definitiva: Giudicante o Pubblico Ministero?

Vengono proposti due Consigli Superiori della Magistratura, uno per i Giudici ed un altro per i Pubblici Ministeri. Non solo, per l’elezione dei componenti dei Consigli Superiori viene introdotto il sistema del sorteggio per la scelta dei componenti con il chiaro intento di ridurre l’influenza delle correnti che operano nella Magistratura stessa.

Altro chiaro intento è quello di rendere paritarie le posizioni processuali dell’accusa e della difesa considerate troppo sbilanciate in favore dei Pubblici Ministeri.

Certamente la proposta di riforma non eliminerà i problemi, pur esistenti, nel funzionamento della giustizia e nemmeno contribuire a ridurli. Probabilmente creerà più confusione, i processi continueranno ad avere durate improponibili per un Paese Civile, la macchina della giustizia, nel suo insieme, nonostante i miglioramenti dovuti al processo telematico ormai funzionante ed in continua evoluzione, continuerà ad accumulare ritardi vanificando gli effetti che una certezza del diritto determinerebbe, avendo influenza sulla convivenza sociale e sulla attrattività per gli imprenditori. Tutto ciò avverrebbe in un Paese dove la elaborazione giurisprudenziale e, quindi, la qualità della magistratura è indiscutibile.

Storture ed errori devono essere combattuti sempre ma ciò non consente di attuare riforme “vendicative” che non farebbero altro che allontanare la qualità dalla magistratura stessa andando ad aggravare la condizione del Paese che già soffre per il graduale deterioramento del sistema sanitario pubblico, di un sistema scolastico in continua ricerca di se stesso, in un Paese insomma dove non esistono isole felici nel mondo della pubblica amministrazione, in cui la politica è riuscita a produrre danni incalcolabili con il sostanziale abbandono della qualità come criterio prevalente.

Franco Petramala

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