IL Muro di Berlino

di Franco Petramala Resisteva dal 1961 e cadde il 9 novembre 1989. Simbolo della divisione fra occidente ed oriente, fra…
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di Franco Petramala

Resisteva dal 1961 e cadde il 9 novembre 1989.

Simbolo della divisione fra occidente ed oriente, fra l’area del capitalismo e l’area del socialismo, era il simbolo della Guerra Fredda. Al varco Check Point Charly fra Berlino Ovest e Berlino Est, avvenivano i contatti fra i due mondi.

A chi viaggia tuttora in metropolitana sono visibili per molti tratti pezzi di quel muro ancora intatto nei pressi della stazione di Kreuzberg. Nelle giornate uggiose una brutta visione del grigio della architettura sovietica e della sua mestizia, intervallata dalle tendine a metà che lasciano vedere le fioche luci gialle degli interni delle case; nelle belle giornate appaiono colorati graffiti di cittadini che disegnavano immagini che raffigurano la violenza, più crudi ma pur sempre dolorosi dei disegni con carbonella che avevo già visto nel campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia, abbandonato, ma che rivive negli studi rigorosi di Franco Folino.

E’ di attualità la denuncia del giornalista Ezio Gavezzeni di persone facoltose che pagavano per fare un “safari speciale”, al tempo della guerra dei Balcani dal 1993, protetti dalle truppe serbe, sparando ai bosniaci, preferibilmente a bambini; abbattere i vecchi non veniva considerato nel cachet ai soldati.

Ma quante volte deve morire Dio? quante volte dovremo subire la tragica banalità del male per citare una volta di più Hanna Arendt?

Possibile che la convivenza civile sia meglio assicurata se le divisioni odiose prevalgono sulle fratellanze e sulla convivenza? Tuttavia quando ci sarà un ordine che consenta alle popolazioni palestinesi e israeliani di convivere, a dispetto del racconto biblico? E alle popolazioni nigeriane e centroafricane di convivere e alle minoranze del Myanmar di professare la loro religione islamica senza essere martirizzati? Di quale illusione viviamo, non apparendo indegna la persecuzione e la distruzione dei nativi nordamericani e degli indios sudamericani sol perché un ordine di progresso ha attenuato il ricordo dei genocidi degli Irochesi e i milioni di schiavi razziati sulla costa occidentale africana trasferiti in schiavitù nelle americhe?

Per questo mi sento europeo con tutti i limiti del nostro essere comunità: ci siamo rifugiati in un luogo della storia dove esiste un controllo sulla dignità dell’uomo e dove la violenza fa ancora scandalo, specialmente nei confronti delle donne e dei più deboli.

Per questo amo l’Europa e voglio conservare la sua cultura in essa sprofondando, la genialità del suo pensiero e i colori luminosi delle sue arti, poiché le brutture di cui, pure è stato capace l’uomo, non lo hanno annientato.  

Franco Petramala

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