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Le definizioni semantiche del termine “energia”  non sono sempre tutte favorevoli al genere umano.

Fra le “forme dell’energia” ce ne sono alcune che possono risultare pericolose per la salute dell’uomo.

Basti ritornare con la memoria ai danni prodotti dall’energia nucleare durante l’ultimo conflitto mondiale per associare all’energia dell’”infinitamente piccolo”
  degli effetti dannosi per l’uomo.

Ma se quei tumultuosi eventi bellici sono ormai lontani, c’è un pericolo insidioso e silente che
  ci “avvolge” quotidianamente e che, rilasciando energia nei polmoni, mina la nostra salute.

Questo pericoloso nemico si chiama Radon.

Il radon è un gas, inodore, incolore e insapore, e non produce alcun effetto avvertibile dai sensi anche ad elevate concentrazioni.

Proviene dal decadimento del radio-226 presente ovunque, in concentrazioni variabili, nella crosta terrestre.

Nonostante sia un gas nobile, quindi chimicamente inerte ed elettricamente neutro, tuttavia è un elemento radioattivo, e decade, emettendo radiazioni, trasformandosi in altri elementi radioattivi che a loro volta emettono ancora radiazioni.

Casella di testo:

 In particolare, due dei suoi prodotti di decadimento, il Po-218 e il Po-214 emettono radiazioni di tipo alfa.

Questi elementi sono solidi e in aria, in parte rimangono liberi, in parte si fissano al particolato
 e in parte si depositano sulle pareti e sulle superfici presenti all'interno degli edifici.

 I prodotti di decadimento, possono, quindi essere inalati e si fissano sul tessuto polmonare continuando ad emettere radiazioni.

L'interazione delle radiazioni con il nucleo delle cellule si svolge con n rilascio di energia.

Questa energia è in grado di danneggiare il DNA dando origine, in alcuni casi, ad un processo cancerogeno.

Nell'atmosfera si disperde rapidamente senza quasi mai raggiungere concentrazioni ritenute pericolose (tipicamente, ha una concentrazione di attività di 5-15 Bq/ m
3).

Tuttavia se viene emesso all'interno degli edifici (o in luoghi con poca aerazione) il ridotto ricambio di aria fa si che si concentri fino a valori che aumentano di molto il rischio di effetti sanitari.

Si stima che sia la causa di morte per oltre 20.000 persone nella sola Unione Europea ogni anno ed oltre
3.000 in Italia.

Il principale effetto sanitario causato dal radon e dai suoi prodotti di decadimento è il tumore polmonare, prodotto dalle interazioni delle radiazioni alfa con i nuclei delle cellule dell'apparato respiratorio.

L'Agenzia Internazionale per
la Ricerca sul Cancro (IARC) ha valutato la cancerogenicità del radon nel 1988 e lo ha inserito nel gruppo 1, in cui, attualmente, sono classificate le 87 sostanze, miscele o condizioni di esposizione che sono state riconosciute come cancerogene per gli esseri umani (IARC, 1988).

Le evidenze sulla cancerogenicità del radon derivano da studi molecolari, cellulari, sugli animali e soprattutto da studi epidemiologici sui minatori.

Diversi modelli di calcolo per la valutazione dell'aumento di rischio di tumore polmonare, sono stati sviluppati e discussi negli ultimi decenni.

Va comunque detto che la principale assunzione fatta in questi modelli è la linearità senza soglia tra il rischio di tumore polmonare e l'esposizione al radon.

Tra i vari fattori che entrano in gioco nel meccanismo di formazione del tumore è senz'altro da porre l'accento sul fumo.

La combinazione tra fumo e radon ha un effetto sinergico, più che sommatorio.

 Stima del numero di tumori polmonari attribuibili al radon nelle abitazioni per l'anno 1993 in USA (BEIR VI, 1998)

Popolazione

No. di tumori polmonari
(tutte le cause)

Numero di tumori polmonari attribuibili all'esposizione al radon e ai suoi prodotti di decadimento

Modello 1

Modello 2

Uomini (a)

Fumatori

90.600

11.300

7.900

Non-fumatori

4.800

1.200

900

Totale

95.400

12.500

8.800

Donne (a)

Fumatrici

55.800

7.600

5.400

Non-fumatrici

6.200

1.700

1.200

Totale

62.000

9.300

6.600

Uomini e donne

Fumatori

146.400

18.900

13.300

Non-fumatori

11.000

2.900

2.100

Totale

157.400

21.800

15.400

a - Assumendo che il 95% di tutti i tumori polmonari negli uomini siano tra i fumatori, e che il 90 % di tutti i tumori polmonari tra le donne siano tra le fumatrici.

Nella tabella è riportata una stima, effettuata dal National Research Council Americano, sul numero di tumori polmonari attribuibili al radon sulla base dei dati disponibili per l'anno 1993 (BEIR VI 1998) negli Stati Uniti, ove la stima della concentrazione media di radon nelle abitazioni è di circa 50 Bq/m3.

Dai dati riportati in tabella
 si può notare che la grande maggioranza dei casi di tumore polmonare sarebbe occorsa tra i fumatori e le fumatrici.

Considerando, poi, che in Usa vi sono circa 48 milioni di fumatori su 260 milioni di abitanti, si nota che il rischio per i fumatori è molto superiore che per i non fumatori.

Questo fa si che anche ai fini di una strategia volta alla riduzione del rischio sanitario dovuto al radon, uno dei sistemi è quello di ridurre o meglio ancora di eliminare il fumo da tabacco.

Deve essere sottolineato che le stime effettuate sono affette da una notevole incertezza.

Vi è, comunque, un consenso generale sul fatto che l'esposizione al radon rappresenta dopo il fumo diretto, la seconda causa di morte per tumore polmonare.

L'Unione Europea ha affrontato il problema del radon nelle abitazioni emanando la raccomandazione del 21/2/1990 in cui è indicato un livello di azione (400 Bq/ m
3), superato il quale "si adotteranno provvedimenti semplici ma efficaci volti a ridurre il livello di radon" (Commissione Europea 1990).

In Italia, è stata effettuata una Indagine Nazionale sulla Radioattività Naturale nelle Abitazioni (Bochicchio et al., 1994; Bochicchio et al., 1999).

L'indagine nazionale ha preso in considerazione un campione rappresentativo di circa 5000 abitazioni, nelle quali sono state effettuate misure di radon per un intero suddivise per due semestri.

La concentrazione media annuale nazionale è risultata 70 Bq/m
3. Il valore di 70 Bq/m3 può esser considerato un valore medio-alto in confronto con i valori di altri Paesi e con la media mondiale, stimata di circa 40 Bq/m3. 

Nell'ambito delle regioni si sono riscontrate aree con concentrazioni annuali anche notevolmente superiori alla media regionale.

Valori delle concentrazioni medie regionali di radon in Italia

Nella tabella che segue sono riportate le principali informazioni dell'indagine nazionale

Risultati dell'indagine sulla concentrazione di radon nelle abitazioni italiane

No. di abitazioni

5361

No. di città

232

Max (Bq/m3)

1036

Media aritmetica (Bq/m3 )

70

Scarto tipo della media (Bq/m3)

1

Media geometrica (Bq/m3)

52

Scarto tipo della media geometrica

2.1

Abitazioni > 150 Bq/m3

7.9%

Abitazioni > 200 Bq/m3

4.1%

Abitazioni > 400 Bq/m3

0.9%

Abitazioni > 600 Bq/m3

0.2%

A seguire sono riportati i dati disaggregati per regione.

Risultati della concentrazione media annuale di radon nelle regioni italiane

Regione

Rn Conc.
(Bq/ m
3)
AM±SE

Abitazioni
> 200 Bq/ m
3

N

%

Abitazioni
> 400 Bq/ m
3

N

%

Piemonte

69±3

9

2.1%

3

0.7%

Valle d'Aosta

44±4

0

0.0%

0

0.0%

Lombardia

111±3

70

8.4%

18

2.2%

Alto Adige Province

70±8

1

1.3%

0

0.0%

Veneto

58±2

7

1.9%

1

0.3%

Friuli-Venezia-Giulia

99±8

22

9.6%

11

4.8%

Liguria

38±2

1

0.5%

0

0.0%

Emilia-Romagna

44±1

3

0.8%

0

0.0%

Toscana

48±2

4

1.2%

0

0.0%

Umbria

58±5

1

1.4%

0

0.0%

Marche

29±2

1

0.4%

0

0.0%

Lazio

119±6

37

12.2%

10

3.4%

Abruzzo

60±6

5

4.9%

0

0.0%

Molise

43±6

0

0.0%

0

0.0%

Campania

95±3

42

6.2%

3

0.3%

Puglia

52±2

5

1.6%

0

0.0%

Basilicata

30±2

0

0.0%

0

0.0%

Calabria

25±2

1

0.6%

0

0.0%

Sicilia

35±1

0

0.0%

0

0.0%

Sardegna

64±4

3

2.4%

0

0.0%

 

Le percentuali di abitazioni che, a livello nazionale superano i valori di 200, 400 e 600 Bq/m3 sono rispettivamente del 4,1%, 0,9% e 0,2% su un totale i circa 20 milioni di abitazioni.

Per quanto riguarda la normativa si deve distinguere tra ambienti di lavoro e ambienti domestici.

Per gli ambienti di lavoro (incluse le scuole), è stato pubblicato il 31 agosto 2000 il Decreto Legislativo 26 maggio 2000, n. 241 (G.U., 2000), di attuazione della direttiva 96/29/EURATOM (Commissione Europea 1996), in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti.

Nel decreto sono indicati gli adempimenti dei datori di lavoro (controlli, misure, eventuali azioni di risanamento, etc.) nei confronti del problema del radon. E' stabilito, tra vari altri provvedimenti, un livello di azione di 500 Bq/m
3, superato il quale devono essere adottati provvedimenti volti a ridurre l'esposizione al radon.

Per gli ambienti domestici non vi sono, attualmente, normative italiane.

Va sottolineato che le esposizioni in ambienti domestici possono essere, in molti casi, superiori a quelle riscontrabili nei luoghi di lavoro, in virtù del maggior tempo di permanenza e per il fatto che molto di questo tempo è trascorso di notte, durante la quale, come detto, le concentrazioni sono, generalmente, superiori alla media.

Il Radon
 costituisce un problema per la salute alla cui soluzione può però contribuire la tecnologia delle costruzioni in quanto il suo ingresso nelle abitazioni può essere limitato mediante accorgimenti costruttivi.

Nelle normali condizioni il contributo principale alla concentrazione di radon è dato dal suolo, seguito dai materiali da costruzione.

Stima dei contributi alla concentrazione media di radon indoors (Bq/m3) e confronto con la concentrazione media osservata

Sorgente

Monofamiliari

Appartamenti

Suolo

55

>0

Materiali da costruzione

2

4

Esterno

10

10

Acqua

0,4

0,4

Conc. media osservata

55

12

Nei casi in cui le concentrazioni sono molto alte (>400 Bq/m3) è il suolo, generalmente, la principale fonte di ingresso.

Il radon penetra all'interno degli edifici per effetto della minore pressione che si riscontra rispetto all'esterno.

  Casella di testo:

 La principale fonte di questo gas risulta essere il terreno (altre fonti possono essere in misura minore i materiali di costruzione, specialmente se di origine vulcanica come il tufo o i graniti e l'acqua), dal quale fuoriesce e si disperde nell'ambiente, accumulandosi in locali chiusi ove diventa pericoloso.

La sola presenza di un edificio sul suolo ha l'effetto di generare le condizioni per "aspirare" il radon dal suolo sottostante.

La concentrazione del radon dipende da molti fattori: contenuto di radio nel suolo sottostante l'edificio, permeabilità del suolo, presenza di faglie e falde acquifere, clima, variazioni atmosferiche (temperatura, vento, piogge), tipo di costruzione, impiego dell'edificio, e perfino abitudini di vita (d'inverno e di notte si registrano le concentrazioni maggiori).

 Il radon passa attraverso le fessure dei solai, le giunzioni parete-pavimento, i passaggi dei conduttori dei servizi (elettrici, idraulici, di scarico, ecc.).

Più alta è la concentrazione nell'ambiente più alto è il rischio di contrarre un tumore polmonare.

Un metodo immediato per proteggersi dall'accumulo di questo gas è l'aerazione degli ambienti, soprattutto nei casi in cui questi siano interrati o a contatto diretto col terreno.

Questa tecnica risulta spesso però insufficiente o inefficace e, specialmente nei mesi invernali dispendiosa in termini di riscaldamento dei locali.

L'introduzione di criteri costruttivi innovativi nell'edilizia per la conservazione dell'energia, con la produzione di isolamenti e di infissi a tenuta per ridurre la perdita di calore anche attraverso una riduzione del ricambio d'aria ha consentito in alcuni casi, come quello del radon,
  l'accumulo e il minor smaltimento degli inquinanti ambientali.

La bonifica degli ambienti interessati da elevate concentrazioni del gas viene effettuata con
  interventi di facile realizzazione e poco invasivi per gli edifici (specialmente in fase di costruzione) ed altri via via sempre più pesanti (sugli edifici esistenti).

 

 Alcuni interventi sono volti a limitare o eliminare i punti di infiltrazione, ma di solito si consiglia sempre di accompagnare questi rimedi con metodi di depressurizzazione del suolo per impedire la risalita del gas, in quanto i primi da soli risultano generalmente insufficienti.

 

Un rimedio immediato, anche se non sempre efficace, consiste nel continuo ricambio d'aria degli ambienti.

Una corretta quanto continua ventilazione può contrastare gli accumuli del gas che tendono a far aumentare la concentrazione di Radon
 negli ambienti.
 

 Purtroppo, oggi, gli edifici oggi “non respirano più”!

Porte e infissi sempre più efficienti “sigillano” i fabbricati riducendo drasticamente il ricambio d’aria.

Così anche il gas Radon
 può accumularsi e, con l’inalazione e il successivo decadimento radioattivo, può aumentare enormemente la probabilità di sviluppare neoplasie polmonari.

La permeabilità del suolo, la struttura geomorfologica del terreno e le caratteristiche costruttive dell’edificio determinano la quantità di Radon
 che giunge in superficie e che si annida nei fabbricati.

Anche i materiali per l’edilizia emettono diverse quantità di radiazioni, a seconda della zona di provenienza.

Alcuni materiali da costruzione (granito, tufo, porfido, basalto, cementi pozzolanici ecc.) contengono più radiazioni di altri.

Pertanto, la scelta dei materiali edilizi più idonei andrebbe effettuata solo dopo un’attenta valutazione.

Una volta accertata la sua eventuale presenza nell’edificio e la sua concentrazione media annuale, è possibile diminuire la sua pericolosità con una serie di accorgimenti tecnici adottati nelle metodiche di
bonifica.

E’ impossibile determinare la presenza del gas Radon  senza l’ausilio di strumentazione adeguata.

Si può comunque presumere la sua presenza in un edificio quando si verificano una o più delle seguenti condizioni:

-
Costruzioni situate in regioni ad alto rischio per la natura geomorfologica del terreno

- Edifici costruiti su terreni ricchi di tufo, pietre di origine vulcanica, o in aree limitrofe a vulcani attivi o spenti.
- Edifici costruiti utilizzando tufo, pietre laviche o cementi pozzolanici.
- Locali interrati, seminterrati o situati ai piani bassi degli edifici e non attrezzati con idonei impianti di ricambio dell’aria a livello del pavimento.
- Edifici costruiti su fondamenta prive di vespaio areato.    

Il verificarsi di una o più situazioni fra quelle sopraelencate fa sospettare una condizione di potenziale rischio radioattivo dovuto alla presenza di gas Radon  nell’aria.

In Italia non c'è ancora una normativa per quanto riguarda il limite massimo di concentrazione di Radon
   all'interno delle abitazioni private.

Si può fare riferimento ai valori raccomandati dalla Comunità Europea di 200 Bq/m3 per le nuove abitazioni e 400 Bq/m3 per quelle già esistenti.

Una normativa invece esiste per gli ambienti di lavoro (Decreto legislativo n° 241, del 26/05/2000) che fissa un livello di riferimento di 500 Bq/m3. Per le scuole non vi sono indicazioni ma si ritiene per il momento di poter assimilare una scuola ad un ambiente di lavoro.

Molti paesi hanno adottato valori di riferimento più bassi: Stati Uniti: 150 Bq/m3, Regno Unito: 200 Bq/m3 , Germania: 250 Bq/m3
La Svizzera ha invece optato per un valore limite prescrittivo di 1000 Bq/m3 e un valore operativo (raccomandato) di 400 Bq/m3, mentre le scuole, per la presenza di bambini e giovani, sono state considerate alla stregua di locali abitativi.

La riduzione della concentrazione di
Radon all’interno di un locale si può ottenere sostanzialmente attraverso due linee di intervento:
Ø  riduzione dell’ingresso del Radon
Ø  rimozione del Radon già infiltratosi

L’uso della ventilazione, ad esempio, è efficace nell’eliminare il gas già infiltratosi nell’edificio, ma è spesso inutilizzabile per questioni di risparmio energetico.

Casella di testo:

 

Al contrario l’apporto di variazioni pressorie tra interno ed esterno, o lo sfruttamento di sistemi di raccolta e scarico prima che il gas entri nel fabbricato, possono prevenire l’accumulo interno del Radon.

Casella di testo:

La costruzione di vespai areati o l’introduzione di tubi drenanti perforati, sono alcuni degli accorgimenti che impediscono che gli ambienti diventino un luogo insicuro.

Casella di testo:

Nella provincia di Cosenza e di Vibo Valentia, negli anni che vanno dal 2005 al 2007, è stata condotta una campagna di misure in ambienti interrati/seminterrati nelle scuole superiori e nei luoghi di lavoro dell’ex Azienda Sanitaria n. 4 di Cosenza ed ex azienda Sanitaria n. 8 di Vibo Valentia.

 I risultati di tale campagna hanno evidenziato, in maniera riassuntiva,  i seguenti  livelli massimi di concentrazione:

Località

Concentrazione in Bq/m3

Nicotera

11

Pizzo Calabro

20

Soriano Calabro

22

Tropea

29

Serra San Bruno

32

Mileto

53

Vibo Valentia

55

Oriolo

56

Cetraro

67

Acri

70

Torano Castello

81

San Giovanni in Fiore

82

Casole Bruzio

87

Cosenza

122

Rossano

190

Trebisacce

247

Longobucco

623

 

La concentrazione maggiore di radon è stata riscontrata a Longobucco che è un paese della provincia di Cosenza  situato sull’altopiano silano.

Un valore così elevato viene spiegato dalla composizione del sottosuolo silano costituito prevalentemente da rocce granitiche contenenti uranio.
 

Sarebbe interessante studiare la possibile correlazione fra questi dati e quelli riportanti il numero di casi di tumore polmonare nelle stesse aree.

Per concludere, lo scopo di questa relazione presentata nel convegno
“Forme dell’energia”  ha voluto essere un contributo “fuori dalle righe”, con l’obiettivo di portare all’attenzione di una platea di tecnici un problema di tipo sanitario.

Sono stati evidenziati gli impatti sulla salute di una forma d’energia invisibile ma sempre presente negli ambienti di vita e di lavoro ed è stata posta l’attenzione sul necessario supporto della tecnologia e della tecnica delle costruzioni per fronteggiarne gli effetti dannosi.

ing. Iole Fantozzi