Quel che resta del giorno

il Fondino del 06 Settembre 2015

Quel che resta del giorno

Il protagonista del libro di Ishiguro e del godibile film di Ivory, in fondo alla sua imperturbabilità, vive la decadenza del presente e si prefigura un futuro senza speranza.

Tenta la sortita di valorizzare il passato, ma è il presente che vive e il presente non lo ignora, non lo rasserena, nemmeno quando improvvidamente lo assale il ricordo del passato, a volte luminoso a volte anch’esso triste.

 Unica nota predominante: trarre qualcosa da  quel che resta del giorno.

 Non era scritto ancora il percorso di Mosè sul Sinai e delle Tavole della Legge, eppure quelle leggi furono trascritte come se avessero già avuto l’imprimatur del futuro degli uomini.

Gesù nel deserto si purificava carpendo da se stesso il futuro degli uomini.

Come se ci fosse la predestinazione e quel che sarebbe avvenuto di poi.

Entrambi vivendo il loro presente, conoscevano bene il futuro del mondo.

Non c’era in quei momenti la presenza dei profeti  ed il profetismo non occupava la mente degli uomini, così come oggi.

La politica italiana è oggi popolata da profeti e da profetismi, tutti si affannano a dire e a prevedere a promettere ed annunciare quel che verrà, a pentirsi un poco, quel poco che basti per presentarsi al popolo, cosciente o rassegnato ormai a quel che sarà.

Il sistema è saltato completamente e le regole si fanno più credibili man mano che diventano più ottusamente sanzionatorie.

Ormai si sanzionano le illegittimità con una  pena e la pena spesso non colpisce il reato anche grave e continuato, come se fosse declassificato a consuetudine.

I granai pullulano di topi che ingrassano senza mai fermarsi; sono famelici e si dice che lì si stia creando il nuovo ordine.

E fuori dall’Italia, l’apparire è fondamentale come fondamentale è rappresentare un futuro migliore partendo da un presente di egoismi e di incertezze e le incredulità, che vadano a quel paese.

Di buon mattino si diventa eroi e umanitari come la Merkel  mentre la sera prima l’Europa si  addormentava con i peggiori giudizi su questa persona-statista.

Gli uomini dell’ISIS si presentano convinti di sé stessi e della loro identità ma, per conseguirne una, distruggono la loro storia visibile e antica. E in Ungheria si gioca a bloccare e a sbloccare frontiere e stazioni ferroviarie di transito per deviare il flusso dei disperati, angustiandoli dopo la traversata a bordo di barconi governati dagli scafisti, mentre in Repubblica Ceca nessuna tecnica moderna di identificazione sostituisce il tatuaggio di nazistica memoria.

Nel dubbio, se siano rifugiati politici che fuggano dalla guerra o che sfuggano al martirio di feroci regimi africani e mediorientali, o siano migranti economici, cioè in cerca di lavoro per sfuggire alla fame nel loro paese do origine, gli emigranti si trascinano per le strade di questa Europa inadeguata e banalmente insulsa, tante volte nel passato crudele e violenta anche verso gli stesi europei.

Mentre si discute dell’accoglienza continuano le pene di corpi straziati e perduti nel mare e che il mare a volte rifiuta; li spinge spesso intatti come dormienti sulle spiagge, come per dire: non sono miei. Sono corpi vivi e spogliati della stessa vostra pietà.

E un bolzanino celebra la morte del bambino sulla spiaggia e altri negli studi televisivi non ammette i genocidi e le nefandezze contro l’umanità commessi dagli europei nei territori africani schiavizzati e colonizzati, allo scopo di comodamente trafugare ricchezze naturali per la soddisfazione degli affaristi e degli eroici uomini del safari.

Sembra una baraonda senza fine, la celebrazione di una festa orgiastica, dove il rito parolaio  privo di scrupoli regna sovrano in attesa che gli ultimi aneliti di vita individuale e collettiva inducano a innalzare una mano in cerca di aiuto.

Chissà, inconsciamente chiedendola proprio agli africani o ai mediorientali che alzando la testa scorgono un lampo di luce oltre l’orizzonte del loro deserto e fino alle prossimità delle montagne e e delle verdi pianure europee.

In età preistorica è già avvenuto e nessuno si scandalizzi se certamente gli uomini della razza umana, erano tutti originari dell’Africa e tutti con i peli per tutto il corpo; solamente alla caduta della peluria ed esposti alla luce, gli uomini emigrati al nord divennero di pelle bianca e gli uomini rimasti a sud divennero di pelle nera. Nulla di strano se l’esodo dal sud al nord continui !

 Forse questo è ciò che resta del giorno.    

 

Franco Petramala