“Anni sessanta del Settecento, Parigi. Nel salotto
materialista del barone d’Holbach, un giorno Diderot propose di
nominare un “avvocato di Dio”.
La scelta cadde sull’abate Ferdinando Galiani, “il quale
cominciò a raccontare: un giorno venne da noi un contadino della
Basilicata con sei dadi in un cornetto e scommise di lanciare
subito un sei. Ci riuscì, e io, Galiani, pensai «può succedere».
Egli lanciò i dadi una seconda volta e ottenne di nuovo un sei.
E pensai ancora «può essere»!
Poi lanciò i dadi, tre, quattro, cinque volte e ottenne
sempre il sei. Sangue di Bacco,
i dadi sono truccati, seguì l’abate napoletano ospite nel
salotto parigino; quando io considero l’ordine della natura, le
sue leggi immutabili, le sue rivoluzioni sempre costanti
attraverso una varietà in quale noi lo vediamo, malgrado cento
milioni di possibilità avverse, io grido:
Certo, la Natura è truccata!” (1)
E se fosse così anche per le relazioni fra gli uomini?
Non avremmo bisogno di diritti né individuali né collettivi né
universali, né di critiche sociali per il solo fatto che qui il
trucco non c’è.
Se ci fosse non esisterebbe la storia degli uomini:
invece tutto è scandito, in realtà, dal ripetersi della regola e
del suo difforme, in un registro diverso dalla splendida
deduzione dell’Abate Galiani ed a nessuno verrebbe in mente di
lasciare dietro di sé un paese in rovina ed assolversi
contemporaneamente in una banale esperienza di lancio dei dadi.
A meno che non si pensi ingenuamente che il “tutto
attuale”, citando Corrado Alvaro, appartenendo al mondo della
commedia piuttosto che a quello della tragedia, non potrebbe che
produrre buffonerie e immaginarie vittorie.
Non si può pensare di costruire con il fango e la paglia
e purtroppo siamo alla quasi certezza che nulla compenserà una
generazione del suo fallimento. Nemmeno allegrie ridanciane o la
seriosità di inutili maestri.
Franco
Petramala
1)Raffaele Ruggiero - Napoli nel settecento fra periferia e
orizzonti europei