Mi hanno riferito che nelle Scuole Pubbliche le ore
dedicate alla Geografia sono di diminuite. Confesso il mio
disappunto. Quella materia di studio mi ha sempre sollecitato
curiosità e sogni di viaggi e di esplorazione nella natura e di
luoghi abitati.
Ho raccolto il consiglio di Peppino ed ho letto “il
Mediterraneo”, del geografo Fernand Braudel che analizza gli
eventi e gli uomini, gli animali e la flora in un racconto che
prende il lettore per ciò che è stato ed è il Mediterraneo:
diviso da sempre almeno in due, il nostro e l’altrui, allo
stesso tempo l’uno e l’altro permeabili senza che i caratteri
dell’uno e dell’altro si dileguino, caratterizzati per esempio
l’uno dalla transumanza e l’altro dal nomadismo e pur sempre dal
viaggio
delle migrazioni.
E cita le ondate di uomini, quelle provenienti dalle
invasione arabe e da quelle turche.
Tutto il Mediterraneo è segnato dalla triade
ulivo-vite-grano, e i primi due vengono esportati fuori dal
Mediterraneo. Possiamo dire che il Mediterraneo comprende tre
civiltà: quella dell’occidente o meglio si direbbe la cristiana,
quella dell’universo dell’Islam e quello dell’universo greco di
cui fanno parte i balcani includendo la Russia, guarda caso di
cultura ortodossa ed influenzata dai greci Cirillo
e Metodio.
Braudel osserva “Le civiltà non sono mortali.
Sopravvivono a metamorfosi e catastrofi, all’occorrenza
risorgono dalle proprie ceneri, rispuntando come la gramigna”
In nessuna altra parte del mondo stanno l’uno accanto
all’altro eventi come Maratona, l’esodo per la Magna Grecia,
Roma contro Cartagine e la Roma Imperiale fino alla Britannia ma
non fino all’Elba, Lepanto e Bisanzio, i Punici e il Magreb e
Carlo Magno e Federico secondo, e l’altro Carlo V e San
Francesco e Colombo, così come la replica di modelli urbani
delle città, lo zappatore, il montanaro, il bovaro.
Anche oggi il Mediterraneo si racconta evive senza posa in attesa che indichi il
futuro.